MaaS, MaaF, AI: ma chi governa le regole del gioco?

#TalkWithGO: intervista a Matteo Antoniola

Il mese scorso abbiamo pubblicato la prima parte dell’intervista a Matteo Antoniola, con cui abbiamo approfondito lo stato di salute della MaaS ed esplorato le sinergie di questo settore con l’AI generativa. In questa seconda parte ci addentriamo nel vivo di alcune annose questioni legate alla MaaS: quali sono le prospettive di governance per mantenere gli equilibri tra il settore pubblico e privato? Quali gli accordi per la gestione dei dati e dei diversi destinatari del servizio? E in tutto questo: chi pensa all’utente?

Il ruolo del pubblico e del privato nella MaaS: sinergie e conflitti

Nell’ambito MaaS, un tema molto dibattuto è il rapporto tra operatori del trasporto pubblico e operatori MaaS. Come espresso da Antoniola, molti operatori di trasporto pubblico si vedono come i naturali operatori MaaS di domani: «alcuni lo sono già, alcuni lo vogliono diventare, altri accettano di diventarlo in un regime di concorrenza con gli altri operatori del mercato, mentre altri ancora non lo accettano». Prosegue Antoniola: «Essere concessionari di un esercizio pubblico per trasportare persone e vendere servizi di mobilità di terzi sono due mestieri diversi». Secondo lui, infatti, il MaaS inteso come servizio B2C deve restare prerogativa di un mercato di libera concorrenza: e si tratta di un ambito in cui gli operatori privati probabilmente possono offrire servizi migliori rispetto al settore pubblico.

Quest’ultimo, d’altro canto, ha altri assi nella manica su cui può fare leva: basti pensare ai territori meno urbanizzati. «Lo vedremo bene con MaaS4Italy, che quest’anno andrà ad operare anche nelle Regioni, che comprendono territori meno densi, a domanda debole, dove le alternative di trasporto all’auto privata sono poche o assenti. È qui che può entrare in gioco quello che chiamiamo Rural MaaS: in questi contesti l’operatore di trasporto pubblico si candida ad essere l’operatore MaaS perfetto: quale operatore economico vorrebbe prendersi quel tipo di mercato?».

Per capire come gestire i servizi MaaS tra pubblico e privato ci si dovrebbe in primis chiedere se in una data area c’è interesse di mercato: «In caso positivo, è l’operatore economico ad intervenire. In caso contrario, è proprio in quel frangente che può intervenire il pubblico con l’operatore di trasporto locale, che a quel punto avrà tutto l’interesse a diventare operatore MaaS. Magari anche in esclusiva».

Come governare gli attori in gioco?

In questo campo, gioca un ruolo fondamentale la governance, che Antoniola definisce come «Il tentativo di rendere il migliore possibile il dialogo tra la parte pubblica e la parte privata». Si tratta di due pilastri con obiettivi e strumenti diversi: «è importante cercare un buon equilibrio definendo compiti chiari: la parte pubblica deve dare delle regole, mettere gli operatori in un regime di concorrenza leale. Ma lasciar fare al mercato quello che sa fare meglio: offerta commerciale, pacchetizzazione dei servizi, logiche di sconto e co-marketing». In questo senso, secondo Antoniola, ha fatto da volano il progetto MaaS4Italy: «Perché ha costretto la parte pubblica a sviluppare competenze, e la parte privata a dialogare con quella pubblica».

C’è infine un grande tema: di chi è il cliente? «Dal momento che registri i tuoi dati personali e di pagamento su un’app MaaS, sei cliente di un operatore MaaS. Ma se un domani attraverso quell’app potrò comprarmi un abbonamento al trasporto pubblico locale, associato al mio nome in modo da poter mostrare un titolo valido ai controllori di tale servizio, allora sarò uno shared costumer». Basta questo per capire che il timore degli operatori di trasporto pubblico di perdere clientela a causa dei servizi MaaS è in realtà mitigato, dal momento che una collaborazione tra le parti può rappresentare un valore aggiunto.

Sì, ma chi pensa all’utente?

«Mentre nel privato, dai più grandi ai più piccini, cercano in tutti i modi di profilarci, comprendere ed orientare i nostri comportamenti con contenuti personalizzati proprio grazie agli user-generated data, la parte pubblica non ha ancora maturato questa consapevolezza. I dati che raccoglie sono soprattutto relativi al veicolo: la velocità, le tariffe, il tasso di occupazione. Ma chi si preoccupa delle persone?»

Nessuno parla con l’utente: che è plurale, migliaia di persone con abitudini e attitudini diverse, con cui al momento non è presente un dialogo. L’unico modo per provare a conoscerli più a fondo è tramite la raccolta di dati, profilazioni, e sperimentazioni per l’analisi dei comportamenti, di cui però il pubblico non si occupa o se ne occupa ancora troppo poco.

In parte, questa miopia si può spiegare dal fatto che il pubblico non gestisce dispositivi. I più grandi accumulatori di informazioni sono spesso e volentieri dispositivi prodotti e commercializzati da imprese private, specialmente multinazionali, che detengono e gestiscono i dati delle persone.

Il punto focale, di nuovo, è la capacità di dialogo: «Quello che manca è la capacità della parte pubblica di dialogare con il cittadino: perché c’è scarsa abitudine a farlo. E invece bisogna forzarsi: scendere dal piedistallo, smettere di essere i pianificatori dall’alto».

Come abbiamo già affrontato più volte in questo magazine, la comunicazione con la cittadinanza è la chiave per una partecipazione consapevole e informata alla vita pubblica. Ma non solo: saper tradurre servizi e linguaggi complessi in messaggi chiari per tutta la cittadinanza significa trasmettere il valore di tutto il lavoro che viene svolto dietro le quinte. Questo deve condurre a una riflessione sull’importanza di comunicare in modo efficace e accessibile con il pubblico, trasmettendo la complessità ed il valore di una mobilità diversa, più intelligente e sostenibile in termini comprensibili per tutti.

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