
Ok Boomer?
Elena Colli
Travel Behaviour & Communication Account presso GO-Mobility.
In ambito accademico e professionale si è specializzata nello studio dei comportamenti di mobilità e delle politiche urbane in UE.
Negli ultimi anni i riferimenti alle generazioni sono entrati sempre di più nel dibattito pubblico. Termini come Gen Z, Baby Boomers e Millennials fanno ormai parte del linguaggio comune, a partire dal tormentone “OK Boomer” che nel 2019 rese celebre (suo malgrado) questa generazione. Queste categorie, infatti, sono spesso state utilizzate per studiare trend legati a specifiche coorti e verificarne l’andamento nel tempo.
Un dato noto relativo alla generazione Millennial del mondo occidentale, ad esempio, è il significativo calo nel possesso e utilizzo dell’automobile rispetto alle due generazioni precedenti. Ma a cosa è dovuto questo calo? Si tratta di un cambio di comportamento dettato da una scelta volontaria, confermando la narrazione che descrive i Millennials come “più sostenibili”? O siamo di fronte ad un fenomeno temporaneo, dettato da altri fattori? Nell’articolo di questo mese proveremo a rispondere a queste domande con la ricerca “Towards a sustainable mobility transition? A cohort approach for Millennials and Baby Boomers in Europe”, che combina diverse fonti dati [1] e modalità di analisi [2] nel tentativo di fornire una risposta.
[1] Dataset della Commissione Europea su indagini longitudinali (EU-SILC) e travel survey di larga scala – base UE28; focus group condotti in Italia.
[2] Quantitative (analisi secondaria di dati, modello di regressione logistica) e qualitative (analisi del testo).
In un mondo in rapida urbanizzazione, riuscire a governare la mobilità urbana è sempre più cruciale. Come è noto, buona parte delle emissioni di gas serra (24% al 2018) è dovuta al settore dei trasporti, che è l’unico la cui quota di emissioni continua a crescere, peraltro ad un ritmo abbastanza sostenuto (Figura 1). I notevoli avanzamenti nel campo tecnologico, infatti, non sono sufficienti a compensare l’impatto ambientale della crescente domanda di mobilità globale. Per questa ragione, da diversi decenni le politiche di mobilità urbana si concentrano (anche) su un altro aspetto: il cambio dei comportamenti di mobilità. Questo si traduce nell’attuazione di politiche volte a ridurre il numero di viaggi e spostare la domanda di mobilità dall’auto privata ad altre modalità ritenute più sostenibili (mobilità attiva, trasporto pubblico, sharing e così via).
Figura 1 – Andamento delle emissioni di gas serra in UE dal 1990. Elaborazione di Transport & Environment di dati UNFCCC
I comportamenti, a loro volta, sono dettati da una combinazione di diversi fattori di tipo psicologico, socio-economico, demografico e territoriale. Secondo un approccio tipicamente sociologico, ciò che gli individui fanno non è mai riconducibile a mere scelte personali, ma è plasmato inevitabilmente dal contesto: le strutture sociali in cui si è immersi, le caratteristiche del territorio che ci circonda, la storia personale di ciascuno, il periodo storico che si sta vivendo e così via.
Per questi motivi risulta utile l’utilizzo di un approccio generazionale. Innanzitutto perché, per essere di impatto, i cambi di comportamento devono essere di larga scala e durare nel tempo. Studiarli da una prospettiva generazionale permette di andare oltre la “fotografia statica” che normalmente si ottiene con analisi basate su un campionamento trasversale (cosiddette cross-section, ad esempio confrontando classi di età in un determinato periodo di tempo). Al contrario, uno studio di tipo longitudinale aiuta a individuare traiettorie e comprendere eventuali trend futuri. Infatti, con “generazione” si intende un gruppo di persone nato nella stessa finestra temporale, che condivide dunque la stessa traiettoria di vita. Significa vivere lungo lo stesso periodo storico condividendo alla stessa età i diversi accadimenti e fenomeni storici, sociali, economici.
Lo studio in questione si è preposto di comprendere quanto la generazione dei Millennials in UE stia contribuendo ad una transizione verso stili di mobilità più sostenibili, utilizzando un approccio comparativo sia dal punto di vista generazionale (Millennials e Baby Boomers) che territoriale (cluster geografici e livelli di urbanizzazione).
Ma perché proprio queste due generazioni?
I cosiddetti Baby Boomers devono il nome al boom demografico che ha caratterizzato il mondo occidentale nel secondo dopoguerra: si tratta infatti delle persone nate tra il 1946 e il 1964. È la prima generazione cresciuta in sistemi urbani sempre più incentrati sulle auto, nel pieno del boom industriale e simbolico del settore (nel secolo dell’auto, come spesso viene definito il Novecento). Sono stati i protagonisti di una crescita prolungata e persistente delle patenti e dell’uso e possesso di automobili. Per questo sono caratterizzati da un’alta dipendenza dall’auto privata e dall’alto numero di viaggi motorizzati, che persistono anche dopo il pensionamento fino a tarda età, a differenza della generazione precedente (dovuto, tra le altre cose, alle migliori condizioni economiche e di salute).
Figura 2 – Numero indice delle nascite in UE28 (1957=100). Fonte: elaborazione grafica dell’autrice su dati Eurostat e UN processati da Istat
Dall’altro lato abbiamo invece i cosiddetti Millennials, con cui generalmente si intende la generazione che per prima è diventata adulta nel nuovo millennio, e che in questo caso si considera nata tra il 1983 e il 2000 [3]. Si tratta, sostanzialmente, dei figli dei Baby Boomers. Tuttavia, a differenza dei genitori, questa generazione si è fatta notare per un calo costante nell’uso e possesso di automobili se comparato alla generazione precedente alla loro età, avvenuto trasversalmente in più Paesi del mondo occidentale, come anche ripreso da un recente articolo dell’Economist. Questo ha portato molte studiose e studiosi a domandarsi: siamo di fronte a un picco nell’uso dell’auto (il cosiddetto “car peak”)? Il suo uso e possesso è arrivato a un punto di saturazione ed è quindi destinato a calare globalmente?
Figura 3 – Fattori connessi al calo dell’uso e possesso di auto tra Millennials secondo la letteratura
[3] È importante sottolineare che i confini temporali che definiscono le generazioni rappresentano un costrutto analitico. Deve quindi essere interpretato come una “linea guida” e un utile strumento di analisi, più che una rigida distinzione tra categorie di persone.
Alla luce di quanto detto, le questioni da comprendere sono due:
Per rispondere a questa domanda, per ogni generazione si sono indagati i comportamenti di mobilità e le circostanze di vita, nonché le principali dinamiche da cui generalmente dipendono la scelta modale e le abitudini di viaggio (es. scelta residenziale, status socio-economico, stato di famiglia ecc.). Questo si è svolto tramite un’analisi quantitativa di dati raccolti tramite travel survey e indagini condotte dalla Commissione Europea ed Eurostat in campioni estesi di popolazione UE e una serie di approfondimenti qualitativi ad hoc (focus group) svolti nel territorio italiano.
Cosa ne è emerso?
I risultati confermano che i Millennials hanno abitudini di mobilità meno inquinanti dei loro predecessori. Guardando a una “fotografia” del 2018 (Figura 4), tra i Baby boomers è più diffuso scegliere l’auto come mezzo di spostamento principale (60.4%, contro il 46.1% dei Millennials), mentre i Millennials si mostrano più propensi a multimodalità, trasporto pubblico (specialmente il treno), e bicicletta (leggermente).
Figura 4 – Scelta modale (relativa al viaggio più frequente). Travel Survey Condotta dal Joint Research Center (JRC) della Commissione Europea (2018)
Tuttavia, negli ultimi anni, questo trend sta cambiando di direzione. Tra i Millennials si assiste, infatti, ad un generale aumento nell’uso e possesso di auto e ad un progressivo allontanamento dalle grandi città verso zone a più bassa densità (Figura 5). Nonostante siano più urbanizzati, dai trend emerge un costante esodo dalle grandi città: come confermato dalle interviste, il processo di costruzione di una famiglia è spesso legato alla scelta di trasferirsi in zone meno densamente urbanizzate per crescere più serenamente i figli, cambiando di conseguenza le proprie abitudini di mobilità e adeguandosi a luoghi più dipendenti dall’auto.
Figura 5
Guardando a cosa è cambiato nei comportamenti della popolazione indagata dal 2014 al 2018, emerge un notevole declino in multimodalità e trasporto pubblico (rispettivamente -26,4% e -38,7% per i Millennials). Ciò che ha guadagnato passeggeri, specialmente tra i Millennials, è stata soprattutto l’automobile (dal 40% del 2014 al 46% del 2018). I Millennials rimangono quelli con una quota molto minore di viaggi motorizzati; ma si tratta di viaggi motorizzati sempre più brevi (3-10km) e con un solo occupante per auto (“solo driving” da 47,9% a 57,2%), che al 2018 li vedono raggiungere i livelli dei loro predecessori.
Come spieghiamo queste dinamiche? Le condizioni dei Millennials stanno rapidamente cambiando. Al momento della ricerca, gran parte è ancora in percorsi di studio o al loro primo impiego. Il livello medio di reddito è infatti in costante crescita, dovuto all’ingresso in massa nel mondo del lavoro. Anche se si tratta spesso di contratti precari (tra chi lavora, al 2018 solo il 64% ha un contratto a tempo indeterminato, in confronto al 89,9% dei Baby Boomers) e in ritardo rispetto ai genitori (Figura 6).
Figura 6
Figura 7 – Andamento dei salari lordi per Millennials (blu) e Baby Boomers (rosso) tra il 2008 e il 2018. Elaborazione dati EU-SILC (Statistics on Income and Living Conditions)
Nel 2018 quasi la metà dei Millennials viveva ancora con i genitori, sebbene con enormi differenze tra le varie regioni europee (in Italia i giovani escono di casa in media a 30 anni, contro i 21 della Svezia ). Tuttavia dalle serie temporali di EU-SILC si nota come stesse accelerando il processo di uscita in massa dal nido famigliare per costruire le proprie famiglie: dall’80% circa di Millennials che vivevano con i genitori nel 2008, al 50% del 2018, compensato dalla crescita di convivenze o nuclei famigliari individuali.
Figura 8 – Dati Eurostat – elaborazione dell’autrice
Senza auto sì, ma per quanto? I punti precedenti sono confermati dal fatto che al 2018 più della metà (51,6%) aveva intenzioni di acquisto nel breve periodo (nei prossimi 6-24 mesi) e dalla costante crescita nel possesso di auto, mentre calano coloro che non la possiedono per motivi economici (Figura 9). Tra chi non ha la patente, infatti, un buon 40,6% sostiene che non può permetterselo, confermando le radici soprattutto economiche dietro al mancato uso e utilizzo dell’auto (una quota di persone probabilmente destinata, quindi, a diventare proprietaria di auto non appena ne avrà le possibilità). Rimane tuttavia alta la quota di chi non ce l’ha perché non interessato ad averla o perché preferisce altre modalità di spostamento (29.15 %).
Figura 9
Il calo nell’uso e possesso dell’auto è quindi strettamente legato ad un effetto generazionale che riguarda in media tutti i Millennials, indipendentemente da altri fattori? Ebbene no. O meglio: non tanto. L’applicazione di un modello di regressione logistica, per determinare quale sia la probabilità di scegliere l’auto come mezzo principale sulla base di una serie di variabili, mostra che i fattori che influiscono maggiormente sulla scelta modale rimangono quelli consolidati in letteratura.
La minore probabilità di scegliere l’auto è infatti legata in primis all’occupazione (essere studenti), al grado di urbanizzazione (alta densità), allo status sociale (basso reddito) e famigliare (single e senza figli). Nella top ten dei fattori, tuttavia, rimane anche l’effetto generazionale: a parità di tutte le altre condizioni, i Baby boomers hanno comunque 1,4 volte maggiori probabilità di scegliere l’auto rispetto ai Millennials.
La ricerca dimostra dunque che esiste un effetto generazionale (set di valori e simboli, istruzione, contesti culturali di crescita) nella formazione di persone più o meno dipendenti dall’auto. Mostra anche, però, che i fattori più forti rimangono il contesto territoriale (economico/culturale spesso influenzato dalla regione europea in cui si vive, così come più o meno urbanizzato) e lo status (livello di reddito; essere studenti). Suggerisce quindi che la dipendenza dall’auto non può essere superata se non si agisce in primis sulla dipendenza dall’auto dei luoghi prima ancora che delle persone.
Questo significa pianificare città in cui la libertà di spostamento non dipende dal possesso di un’auto privata; luoghi in cui sia desiderabile e sano costruire famiglie e crescere figli. Solo a quel punto, forse, potremo evitare tra qualche anno un nuovo tormentone proveniente dalle generazioni successive che reciti: “OK Millennial”.
Con il consolidamento del loro status socio-economico, tra i Millennials l’uso dell’auto in sostanza tende ad aumentare raggiungendo il livello delle generazioni precedenti. Il risultato finale, in Europa, è quello di un generale aumento dell’uso dell’automobile. Attualmente i Millennials confermano stili di mobilità più sostenibili dei Baby Boomers, ma i trend suggeriscono un progressivo allineamento a quelli dei loro genitori, semplicemente con qualche anno di ritardo. Considerando i cambiamenti in atto nelle loro vite, è quindi probabile che la loro “sostenibilità” sia destinata a diminuire. Il “peak car” rimane dunque ben lontano da essere raggiunto.
La ricerca ha messo insieme diverse fonti dati e metodi di analisi, in linea con l’approccio di GO-Mobility, che vede nell’integrazione di diversi approcci (tradizionali e innovativi) e nella multidisciplinarietà del team un’opportunità di arricchimento dei punti di vista e delle prospettive di analisi e pianificazione.
Dall’analisi secondaria dei dataset europei e la serie di interviste si evince che i Millennials sono ora più urbani, e al momento dell’analisi, spesso ancora in condizioni economiche precarie. Ma non è “per sempre”. In molti di essi si coglie l’idea di un futuro in aree meno urbane, e/o un inevitabile ricorso ad un’automobile privata una volta usciti dal periodo di formazione e da casa dei genitori.
Tuttavia, specialmente per mezzo delle interviste, lo studio ha messo in luce alcune peculiarità dei Millennials che sono spesso legate ad una messa in discussione di uno stile di vita incentrato sull’auto che potrebbe rimanere nel tempo, nello specifico:
Figura 10 – Città e paesi menzionati dalle persone intervistate, dove hanno vissuto e viaggiato scoprendo stili di vita senza auto
Emerge anche, tuttavia, quanto essi siano eredi delle scelte e dei sistemi di valori e abitudini dei loro genitori, da cui è difficile divincolarsi. Un esempio è lo stile di vita “suburbano”:
Permane comunque un evidente gap generazionale sui diversi significati che si attribuiscono ai mezzi di trasporto. È frequente che i genitori dei Millennials intervistati giudichino ad esempio la bicicletta e i trasporti pubblici dei mezzi non sicuri e/o legati ad un loro passato di privazione. Sono sempre loro, infatti, che incitano i figli a prendere la patente e ad acquistare un’auto (o a regalargliela direttamente).
Alla luce di questo, è anche vero che sempre più spesso sono i Millennials a trasmettere ai loro genitori i valori più propri della loro generazione quali l’attenzione per l’ambiente o l’utilizzo di mezzi di trasporto diversi dall’auto: a volte con buoni risultati (un classico esempio sono i genitori che vanno a trovare il figlio o la figlia in Erasmus in una grande città e vengono invitati ad usare mezzi pubblici efficienti di cui rimangono stupiti).
In conclusione: sfatiamo il mito dei Millennials che sono più sostenibili per il solo fatto di essere Millennials. Quello che cambia davvero il comportamento verso stili di vita più sostenibili è soprattutto la diretta esperienza con alternative all’auto efficienti e ben funzionanti, che rendano obsoleto e non più desiderabile il modello attuale di mobilità.