ISTAT ha recentemente pubblicato i risultati di un’indagine condotta in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) atta a rilevare le abitudini e le intenzioni di mobilità della popolazione italiana.
Commentando i risultati, il Ministro Giovannini parla di un’inversione di tendenza dall’automobile verso il trasporto pubblico. Ma quanto è intenso questo cambio di rotta? E da cosa dipende? Proviamo ad approfondire, sperimentando le potenzialità di questi dati e della loro rappresentazione grafica.
Cos’altro possono dirci?
01L’indagine: visualizziamo i dati
Il comunicato diffuso da Istat si intitola “La mobilità degli italiani: le intenzioni tra aprile e giugno 2022” [1] ed è il frutto di una collaborazione con il MIMS. Le stime si basano su un’indagine condotta nel mese di aprile 2022, dove è stato chiesto alle persone di indicare i mezzi di spostamento utilizzati negli ultimi sei mesi, e quelli che si avrà intenzione di usare nei prossimi tre (aprile-giugno).
Secondo i dati elaborati dall’Istat, l’82,5% degli intervistati non varierà la frequenza degli spostamenti nei prossimi tre mesi, il 12,9% prevede un aumento e il 4,0% una diminuzione rispetto ai sei mesi precedenti. Anche rispetto ai mezzi di trasporto utilizzati per gli spostamenti non ci saranno sostanziali variazioni: l’auto privata rimane il mezzo di trasporto più diffuso (l’82,9% nei prossimi tre mesi contro l’84,3% nei sei mesi precedenti).
Il ministro dei trasporti Enrico Giovannini ha affermato: “Anche se in misura contenuta, i dati dell’Istat sulla mobilità urbana degli italiani nei prossimi tre mesi indicano l’inizio di una inversione di tendenza rispetto al recente passato, a favore dell’uso del mezzo pubblico e i sistemi di mobilità dolce”[2].
I dati ci permettono di quantificare l’entità di questa inversione di tendenza: cosa significa “in misura contenuta”? Come mostra il grafico sottostante, calcolando la variazione percentuale tra la scelta modale prevista nei prossimi mesi rispetto a quelli passati, la diminuzione nell’uso dell’auto è minima (-1,66%):
La variazione più alta è l’aumento del 150% dell’uso del car sharing rispetto ai sei mesi precedenti, che risulta un numero altisonante. Tuttavia se andiamo a vedere la differenza in punti percentuali, si tratta di un aumento pressoché irrisorio: dallo 0,2% di ottobre-marzo allo 0,5% previsto per aprile-giugno. Tornando alle dichiarazioni del ministro, notiamo dunque che l’aumento in termini di mobilità dolce e trasporto pubblico è molto contenuto: addirittura nella mobilità a piedi notiamo un calo, sebbene solo di 0,02 punti percentuali, mentre bicicletta e monopattino passano dal 7,4% al 9,4% e il trasporto pubblico dal 16,9% al 18,4%.
Una rappresentazione complessiva dei dati relativi agli spostamenti indagati da Istat, infatti, ci aiuta ad avere sott’occhio uno spaccato generale della mobilità della popolazione italiana. Dal grafico sottostante è evidente il sostanziale stacco che l’automobile ha rispetto alle altre modalità di viaggio:
[1] “Dopo l’emergenza sanitaria il caro-energia: le intenzioni di mobilità nei prossimi tre mesi”: https://www.istat.it/it/files//2022/05/Mobilit%C3%A0-Apr-Giu-2022.pdf
[2]Comunicato Ferpress “Mobilità: Giovannini, dati Istat indicano inizio inversione di tendenza verso trasporto pubblico”: https://www.ferpress.it/mobilita-giovannini-dati-istat-indicano-inizio-inversione-di-tendenza-verso-trasporto-pubblico/
02Andiamo più a fondo: una questione di contesto
Proviamo ad aggiungere alcuni punti di vista per continuare a dare forma e colore ai numeri presenti nelle tabelle del report pubblicato da Istat.
I dati sopra rappresentati mostrano abitudini e intenzioni a livello nazionale. Ma cosa succede se guardiamo alle diverse aree geografiche della penisola? Come evidenziato da Istat, e visibile nel grafico sottostante, le intenzioni sono sostanzialmente omogenee in tutto il territorio. Utilizzando la differenza tra i due periodi espressa in punti percentuali, è più evidente l’entità delle variazioni. L’unico aumento previsto nell’uso del car sharing si segnala nel Mezzogiorno, ma si parla di percentuali irrisorie (da 0% a 0,7, quindi +0,7 punti percentuali), mentre al Nord-est si registra il maggiore calo nell’uso dell’auto (-3,7 punti percentuali), compensato da un maggiore aumento nelle intenzioni di utilizzo di bicicletta o monopattino (+4,5 punti percentuali).
Tuttavia, se l’omogeneità riguarda la scelta del mezzo, vediamo cosa succede se guardiamo alle motivazioni dietro al cambio della modalità di viaggio. Quale ragione spinge le persone a prevedere un cambio di abitudini? I dati mostrano che in generale in Italia il driver principale dietro al cambio di comportamento, che riguarda principalmente la migrazione dall’auto allo spostamento con mobilità attiva o con il mezzo pubblico, è l’aumento del prezzo del carburante (38,7%).
Se il cambiamento delle abitudini non mostrava differenze sostanziali lungo la penisola, non si può dire lo stesso delle motivazioni dietro questo mutamento. Nel Mezzogiorno in particolare è evidente il ruolo preponderante del caro benzina, che ha portato ad un cambio di abitudini dettato da una necessità di risparmio, piuttosto che da una vera e propria scelta.
Allo stesso modo, si può notare anche che in Sud Italia il ruolo del cambio di regime lavorativo o di studio, ovvero le possibilità offerte dallo smart working o dalla DAD (didattica a distanza), hanno un ruolo molto marginale (3,6% contro ad esempio il 16,8% del Centro). In molti casi queste modalità hanno mostrato grandi potenzialità per la riduzione della domanda di viaggio e quindi dei volumi di traffico: nella città di Milano è stata stimata una potenziale di riduzione degli spostamenti totali giornalieri, grazie al massivo ricorso al lavoro agile, pari al 14,5%[3].
Il ruolo marginale di smart working e DAD in Sud Italia può essere sintomo di una ridotta diffusione o efficacia di queste modalità, o ancor prima, dovuto alla diversa struttura socio-economica del Mezzogiorno, che presenta tassi di disoccupazione più elevati[4] e un’economia del lavoro caratterizzata maggiormente da industria e lavori meno propensi all’utilizzo dello smart working[5].
[3] “Smart working e mobilità in lockdown a Milano: ecco i risparmi energetici”, di Open Innovation (Regione Lombardia) https://www.openinnovation.regione.lombardia.it/b/572/smart-working-e-mobilit-in-lockdown-a-milano-ecco-i-risparmi-energetic
[4] Al 2020, il tasso di disoccupazione del Sud Italia era due volte quello del Centro e quasi tre volte quello del Nord-Est: https://noi-italia.istat.it/pagina.php?id=3&categoria=16&action=show&L=0
[5] Guardando al peso percentuale del settore industriale sul totale regionale, le prime 5 sono Basilicata, Abruzzo, Marche, Puglia e Molise. https://public.tableau.com/shared/DPGP3XH85?:showVizHome=no
03Una questione di età
Il confronto per aree geografiche ci aiuta a capire il ruolo che giocano le differenze dei diversi contesti territoriali, come le differenze socio-economiche, climatiche e di conformazione territoriale, insieme alle politiche di mobilità messe in campo nel territorio in cui si vive, il grado di urbanizzazione e diversi altri fattori di contesto.
Ma il comportamento di mobilità è strettamente legato anche a caratteristiche personali, che spesso possono essere ricondotte alla fase della vita in cui ci si trova. La presenza o meno di figli, lo stato civile, le possibilità economiche o il possesso di un veicolo sono tutti fattori che concorrono a determinare il comportamento di viaggio, e che spesso possono essere ricondotti all’età.
Proviamo dunque a ripetere lo stesso esercizio svolto per area geografica, guardando stavolta alle classi di età. Anche in questo caso, se si guarda alle variazioni percentuali tra i mezzi utilizzati nei sei mesi precedenti e quelli prospettati nei prossimi tre non emergono cambiamenti sostanziali. Tuttavia, se si guarda alle recenti abitudini di viaggio si può notare una struttura diversa tra le diverse classi, come mostra la figura sottostante:
04Quello che vedi non è tutto
In conclusione, con questo articolo abbiamo voluto mostrare che i dati possono dirci tante cose, ed ometterne altre: rappresentarli e comunicarli implica una scelta di punti di vista per evidenziare alcuni elementi rispetto ad altri. Andando più a fondo si può dare una forma concreta e realistica ad espressioni quali “inversione di tendenza” e “misura contenuta”, o scovare differenze territoriali e comportamentali che non era possibile intuire ad un primo sguardo. Ad esempio, comprendere a fondo le ragioni dietro il cambiamento di viaggio aiuta a comprendere se si tratta di scelte di tipo temporaneo (ad esempio dettate da una necessità di risparmio, che quindi una volta rientrata porta ad un ritorno alle abitudini precedenti) o sistemico (dovuto ad esempio ad un miglioramento del servizio del trasporto pubblico, che porta ad un cambio di abitudini che permane nel tempo).
Per questa ragione GO-Mobility mette al centro delle proprie attività la trasmissione di una cultura del dato, atta ad avvicinare le persone ai numeri ed attivare un punto di vista critico e consapevole. Sia per leggere la realtà, in una quotidianità sempre più pervasa da cifre e statistiche, sia per fare proprio il concetto di “misurare per imparare”, utile specialmente a chi si occupa di amministrare la cosa pubblica.
Avere la capacità di monitorare e comunicare l’impatto di avvenimenti e scelte economico-politiche, così come ci mostrano le intenzioni di mobilità rilevate da Istat, permette di individuare i punti critici e le potenzialità, ottenendo basi solide su cui lavorare per perfezionare il proprio operato e raggiungere gli obiettivi preposti.