Spazio ai numeri e a chi li sa interpretare

In Italia la cultura del dato è ancora frammentaria: si preferisce progettare a ogni costo, risparmiando sulla pianificazione. Intervista ad Alberto Brignone, imprenditore ed esperto in big data sulla mobilità: «La nostra professionalità viene considerata marginale e troppi giovani talenti se ne vanno all'estero. Molte opere si sono rivelate inutili per mancanza di modelli previsionali, ma ora con la pandemia è aumentata l'attenzione ai numeri. E all'importanza di chi li sa interpretare»
01Il caso BreBeMi 02I budget dei PUMS 03Matrici riferite al censimento 04Un circolo vizioso verso il basso 05Uno spiraglio dopo il Coronavirus?

«Costruire rotatorie, sottopassi e linee tranviarie rappresenta un ritorno di immagine. Ma non investire in pianificazione è il sintomo di una strategia miope, che in molti casi dà spazio a opere del tutto inutili. Fino a quando i nostri studi previsionali saranno usati solo per giustificare scelte fatte a priori, la cultura del dato stenterà a decollare. E la nostra professionalità sarà considerata tutto sommato marginale».
È un flusso di parole da orario di punta quello emerso dalla chiacchierata con Alberto Brignone, ingegnere civile con esperienza ventennale nel settore della pianificazione dei trasporti e dell’ingegneria del traffico. Brignone è anche fondatore di CitiEU e Citilabs ME, società partner di Bentley Systems e distributore di CUBE, software di modellazione dei sistemi di trasporto e dello sviluppo del territorio.


«Da anni lavoro soprattutto all’estero – spiega Brignone – perché, a differenza dell’Italia, ci sono Paesi dove i modelli di previsione sono considerati uno strumento prezioso per disegnare scenari. Un esempio significativo è Abu Dhabi, una metropoli che ha deciso di crescere all’interno di un piano che guarda al futuro e comprende tutte le nuove tecnologie: impatto veicoli a guida autonoma, share mobility, mobilità dolce e scooter, tanto per citarne alcune. Oltre ad Abu Dhabi, un esempio virtuoso è il modello “Motion” di Transport for London: è servito per pianificare gli interventi e obiettivi al 2050, questo già 5 anni fa, ed è frutto di investimenti davvero molto importanti nell’ordine di milioni di sterline. È frustrante per noi ingegneri italiani, la cui eccellenza è riconosciuta in tutto il mondo, essere costretti a guardare principalmente al di fuori dei nostri confini. Tutto parte dalla cultura di base e alla fine diventa un circolo vizioso al ribasso».

01Il caso BreBeMi

Il succo della sua analisi è questo: in Italia si investe guardando al breve termine. Si preferisce progettare opere per i cittadini, senza il supporto di analisi preventive, senza dati freschi, innovativi e strutturati. Continua Brignone: «I dati servono soltanto ad assolvere obblighi di legge: metto un bollino su un certificato senza analizzare l’effettiva utilità di un intervento. Guardiamo l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano, la famosa BreBeMi, costruita tra il 2009 e il 2014. Il progetto prevedeva il transito di 40mila veicoli al giorno nelle fasi iniziali e 60mila a regime. Nel 2014, le nuove previsioni avevano ribassato la stima a 36mila veicoli al giorno per il 2019 e 45mila al 2030. Ma se guardiamo ai dati osservati, ci accorgiamo che nel 2014 è transitata una media effettiva di soli 8.000 veicoli al giorno, mentre nel 2018 non abbiamo superato i 20.000. Quest’opera – non lo dico io, lo dicono i numeri – non sta rendendo rispetto alla previsione. Di certo ha portato benefici in termini di sviluppo e accessibilità territoriale, di tempo risparmiato, riduzione dei costi di trasporto, minori emissioni inquinanti e acustiche, diminuzione degli incidenti. Ma dal punto di vista delle previsioni di traffico siamo lontani».

Come consulente della World Bank, Alberto lavora spesso nell’Europa dell’Est, in Paesi ex sovietici al confine tra Europa occidentale e la Russia. «Il contesto estero è molto interessante, diverso dall’Italia. Recentemente abbiamo revisionato un modello sviluppato per il PUMS della città di Bucarest: il budget per sviluppare modello, progettualità, incontri e uso dei big data era all’incirca di 1 milione e mezzo di euro. In Italia, nei bandi di gara per i PUMS di città da 200mila abitanti, hai come base d’asta un budget da 90mila euro: parliamo di cifre dieci-quindici volte inferiori. Eppure se io fossi il ministro dei Trasporti renderei obbligatorio l’uso dei big data per realizzare i PUMS».

02I budget dei PUMS

A queste condizioni è inevitabile dover rinunciare a priori a fonti innovative per la raccolta e l’analisi dei dati. Una cultura primitiva in tal senso porta a considerare questa voce come un costo poco utile, precludendosi l’opportunità di sviluppare modelli molto più raffinati e affidabili, di monitorare quello che avviene nel tempo, di sviluppare numerosi scenari alternativi per capire cosa accadrà ad esempio nelle varie stagioni dell’anno o nelle diverse ore della giornata. «Se uno potesse usare diverse fonti di dati innovativi – dice Brignone – l’amministrazione si troverebbe in mano uno strumento che non è più semplicemente “metto il timbro su un obbligo di legge”, non sarebbe solo il bollino che certifica un requisito obbligatorio, ma un vero strumento utile in termini previsionali. Quando un ente pubblico deve inserire una nuova tranvia, spesso si ritrova uno studio ingegneristico di traffico fatto di dati vecchi e di vecchia concezione. Sia chiaro: il problema non è assolutamente la cattiva volontà dell’impresa che ha vinto la gara, ma è l’esiguità della cifra stanziata per realizzare qualcosa come una quarantina di incontri in loco, il piano della sosta, il piano delle biciclette, la valutazione ambientale strategica VAS… Il tutto per 100mila euro! È ovvio che o hai una prospettiva professionale dove puoi puntare a un mercato più ampio, oppure diventa molto complicato dire “ok lo faccio e uso i big data” perché i dati hanno un costo e le risorse non bastano. All’estero alcuni colleghi pensavano che i budget di alcuni PUMS italiani fossero soltanto la quota destinata all’utilizzo dei dati: quando ho spiegato che dentro quella cifra si doveva far rientrare l’intero studio – ovvero il modello, le interviste, i dati, gli scenari, gli incontri, la concertazione, la produzione di materiale promozionale e l’organizzazione di eventi – mi hanno guardato come si guarderebbe un marziano».

03Matrici riferite al censimento

È chiaro che se la pianificazione non è vista come un elemento strategico rispetto alla progettazione, nel tempo si crea un circolo vizioso che porta un Comune a spendere 250mila euro per fare una rotatoria promessa in campagna elettorale, piuttosto che spenderne 10mila per fare un minimo di studio, un modellino di micro-simulazione utile a capire se questa rotatoria funzionerà o meno. «Soltanto dopo – conferma Alberto – ci si accorge che i pedoni non possono più attraversare, i ciclisti sono in pericolo, i mezzi di trasporto pubblico vanno in sovrapposizione e procurano danni. La progettazione è sempre vista come un elemento d’immagine molto alta, e quindi vi si investe molto. Mentre la pianificazione è considerata invece una parte residuale, che faccio perché devo, perché qualcuno mi obbliga. A questo si aggiunge il problema di tempistiche eterne – cade la giunta comunale, arrivano le elezioni, cambia l’assessore, il tecnico comunale si mette di mezzo – che trascinano la conclusione del piano a cinque anni invece di un anno e mezzo. Alla fine porterò a termine un piano che è vecchio, che usa dati presumibilmente superati, che non ha dati innovativi perché il budget è assente e viene approvato con tempistiche lunghissime. Fra l’altro la mia base sarà costituita da matrici Origine-Destinazione di natura censuaria, ovvero riferiti al censimento del 2011 con dati raccolti nel 2009-2010: in pratica sto usando matrici con dati che si riferiscono a dinamiche di oltre dieci anni fa. Magari questa base la integrerò con qualche indagine puntuale, aggiungerò qualche conteggio e qualche intervista: ma alla fine costruirò un modello che rappresenta uno scenario molto parziale rispetto al contesto di mobilità attuale di quel territorio».

Non è un caso dunque che gli ingegneri italiani siano costretti a guardare all’estero per sentirsi valorizzati, anche perché da noi i consulenti guadagnano un terzo rispetto ad Australia, Emirati, Stati Uniti e Regno Unito. In Italia alcuni riescono a farsi assumere all’interno di grandi gruppi (autostrade o ferrovie), agenzie o strutture comunali di realtà come Roma e Milano. Peccato però che quei pochi preparati sul tema trasporti e mobilità dopo un po’ finiscano nella giostra del turn-over: o se ne vanno o vengono spostati ad altre mansioni.

04Un circolo vizioso verso il basso

«Appena scendi di scala – spiega Brignone – e finisci su città medio-piccole, questo approccio crolla ed è un grosso vincolo. Nello sviluppo dei modelli ho imparato che “garbage in, garbage out”: se nutro il modello con dati poveri, otterrò risultati poveri. Il problema è che quando uso dati ISTAT o conteggi puntuali, difficilmente uscirà uno strumento valido per supportare le decisioni dell’ente che l’ha commissionato. Ovvio che la responsabilità non è della società che ha fatto lo studio, visto il tema dei budget minimi di cui abbiamo parlato prima. Su 70mila euro complessivi non posso destinarne 30mila a comprare matrici Origine-Destinazione da operatori telefonici. Il circolo vizioso farà sì che l’ente pubblico successivo, dovendo fare un nuovo PUMS, andrà a guardare cos’hanno fatto le città di taglia simile e si adatterà al contesto: perché devo metterne 500mila se una città della mia dimensione ne ha destinati 70mila? Si innesca questa mancanza di fiducia, un atteggiamento di diffidenza verso modelli che risultano sbagliati, ma solo perché sono stati nutriti con dati parziali. Il risultato è che alla fine lo strumento non sarà mai efficace».

Nel finale di intervista si prova a guardare al futuro con spirito fiducioso. Le società più giovani (il tema è sia generazionale che di uso di strumenti innovativi) provano a invertire la rotta e cambiare approccio: laddove possono fanno squadra, rifiutandosi di partecipare a bandi dove il budget è irrisorio. «Qualcuno – conferma Brignone – continuerà lo stesso a lavorare su economie di scala con metodologie copia-e-incolla, producendo studi approssimativi e generici, solo per rientrare nel budget. Altri, come succede all’estero con le società più grandi e strutturate, si adattano a fare modelli di pianificazione con budget bassi perché sanno che poi otterranno la commessa sull’ingegneria e recupereranno i margini progettando la strada, la rotatoria, la linea ferroviaria. Altri ancora – è il caso di realtà come la nostra – valorizzeranno il proprio know-how lavorando su commesse estere: il mondo è grande, oggi è facile comunicare. Oltre a questo si aggiunge che l’aspetto artigianale della nostra ingegneria è molto apprezzato fuori dai confini. Società di piccole-medie dimensioni – Go-Mobility è una di queste – elaborando modelli in tempi brevi riescono a inserirsi meglio e più velocemente all’interno di problematiche specifiche. Cosa che non riesce a una società grande, dove solo per avere l’ok del responsabile della commessa e preparare il contratto, passano due settimane. All’estero amano lavorare con gli ingegneri italiani: abbiamo fantasia, usciamo dagli schemi rigorosi provando a fare cose diverse. Fuori dall’Italia c’è meno invidia, si collabora in sinergia per arrivare all’obiettivo, si è meno possessivi e individualisti. Soprattutto, grazie a budget proporzionati, si trova un giusto equilibrio per remunerare le competenze e il valore di tutti».

05Uno spiraglio dopo il Coronavirus?

Non si può ignorare, in chiusura, che l’effetto pandemia ha portato cambiamenti inaspettati. L’attenzione sul traffico privato è aumentata, sono cambiate le modalità di muoversi, ci si sposta di meno a causa del remote-working. «Ma queste cose come le quantifichi? – si chiede Alberto – Non abbiamo precedenti di emergenze pandemiche nelle città, non possiamo guardare le matrici ISTAT del 2011. L’unico modo è avere accesso a strumenti e fornitori di dati – operatori telefonici, app di mobilità, scatole nere delle assicurazioni – perché così ti so dire cos’è successo una settimana fa, un mese fa, tre mesi fa. Ti faccio vedere le dinamiche, com’è cambiato il livello di congestione sulla rete, i profili di mobilità all’interno di una città… Tutta una serie di fenomeni che posso tracciare solo in questo modo. Qualcosa nella mente dei nostri interlocutori sta cambiando, si iniziano a guardare i big data con occhio diverso. Si è appurato che con questi strumenti posso capire cosa sta accadendo nella mia città, quali sono state le dinamiche degli ultimi 18 mesi. E cercare poi di nutrire modelli per fare scenari e finalmente prevedere».

Nascono quindi domande nuove:

  • Cosa succederà se continua questo trend?
  • Cosa succederà se torniamo a un trend di mobilità come prima della pandemia?
  • Cosa succederà se torneremo a un trend di ripartizione modale traffico pubblico-privato come prima, ma con il remote-working e quindi una domanda di mobilità abbassata?
  • Ha senso ancora pensare a una tranvia? A una funivia?

Conclude Brignone: «A Paderno Dugnano, dove abito, si discute da dieci anni se riqualificare una linea tranviaria dismessa e realizzarne una moderna con treni ogni 5 minuti, ecc. Ma serve veramente? Forse sì forse no, lo sapremo solo guardando i dati. Ricordo però che i big data non sono LA risposta, ma funzionano da input per fare previsioni. In questo modo l’amministrazione avrà uno scenario con tot opzioni e saprà esattamente cosa può accadere di minima e di massima. Ai decisori pubblici diciamo: “Questo è un ventaglio di alternative che ti si possono presentare. Non basare la tua progettazione sullo scenario di massima, perché se quegli elementi non si avverano, è un guaio grosso. Sappi che ti puoi muovere in questo range”. Ma per sapere se è utile o meno realizzare un’opera, i numeri non bastano. La risposta non la fornisce il modello di previsione ma l’ingegnere esperto che li deve capire, riflettere e interpretare. Dico sempre che non bastano i numeri a fare la differenza, ci vuole la testa che li spiega e li chiarisce. Purtroppo alcuni enti pubblici commettono l’errore di andare direttamente dal provider del dato, pensando di risparmiare costi e passaggi. Che dire? Posso comprare anche la farina più buona del mondo: ma se non conosco la ricetta della pizza, non avrò mai una vera pizza!»

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