

01Come si può decongestionare il traffico nelle città e ridurre la concentrazione di automobili?
In primo luogo, con il governo della domanda: la pandemia da Covid-19 ha sfatato diversi taboo e svecchiato antichi paradigmi. Attraverso la digitalizzazione dei servizi si possono ridurre quantità apprezzabili di spostamenti, così come con la flessibilità indotta dallo smart working. Allo stesso tempo, le grandi metropoli devono introdurre sistemi di governo della domanda facendo pagare di più la sosta e l’accesso a determinate aree. Chiaramente questi interventi devono essere anticipati da un rigoroso piano di sviluppo del trasporto pubblico e delle ciclabili: progettando reti di trasporto pubblico più efficienti e gerarchizzate, con servizi dinamici e flessibili nelle aree a domanda debole; e sviluppando in parallelo una rete di primo livello ciclabile per consentire spostamenti di media lunghezza.
02Ci sono dei modelli europei applicabili alle principali città italiane per incentivare la mobilità attiva e decongestionare il traffico?
Non esiste il concetto di città modello, esistono città in grado di pianificare, progettare, realizzare ed esistono città non in grado. Il costo di una pubblica amministrazione inefficiente si misura direttamente sul numero di progetti realizzati e dalle tempistiche dell’intero ciclo di vita di un progetto. Esistono modelli di mobilità virtuosi, che in estrema sintesi possono essere incardinati in due punti: densità e digitalizzazione. Città sparse creano inefficienza per il trasporto pubblico e rendono l’automobile l’unico vero mezzo per spostarsi. Città senza un robusto sistema di informazione e monitoraggio della mobilità, non sono in grado di diagnosticare bene i propri problemi e non sono in grado di offrire servizi veramente integrati e smart. L’incertezza politica in alcuni territori rilega a vivere eterni déjà-vu: Si pianifica, si comincia a progettare, cambia il colore politico, si ricomincia a pianificare altro e così via. Per ripensare ai modelli di mobilità servono almeno 10 anni, e pochi politici durano altrettanto.
03Anche in riferimento a ciò che sta accadendo a Milano, è possibile trovare un equilibrio intervenendo per pedonalizzare le piazze ? Se sì, come?
Su questo tema non bisogna essere ambigui: pedonalizzare piazze, aree e spazi significa togliere spazio alle auto, e riconsegnarlo alle persone, ai bambini e agli anziani. Il riflesso condizionato dei commercianti è quello di opporsi a questo tipo di interventi, perché hanno paura di perdere attrattività e quindi clienti. È paradossale perché invece sono stati i grandi centri commerciali prima, e l’e-commerce ora, a ridurre la loro fetta di mercato. I negozi fisici, soprattutto nei centri delle città e dei quartieri, sono davanti a un grande bivio: o ripensano al loro modello di business puntando su quello che l’e-commerce e le grandi strutture commerciali non sono in grado di offrire, oppure saranno destinati ad un lento declino. La scomparsa dei negozi tradizionali sarebbe una vera sciagura sociale e un declino delle città stesse. Ripensare quindi il modello di business dei negozi significa non puntare su clienti mordi e fuggi che vorrebbero parcheggiare l’auto davanti al negozio, o peggio in doppia fila. Significa puntare su qualità e spazi: bisogna creare dei grandi centri commerciali diffusi nei centri dei quartieri, in cui spostarsi senza problemi a piedi, in bicicletta, con i passeggini, senza barriere architettoniche. Non è un segreto che il modello di outlet villaggio, dove l’automobile viene lasciata nei parcheggi esterni e poi ci si sposta passeggiando da un negozio all’altro, è attualmente il modello di centro commerciale più performante, proprio perché le persone hanno spazio per vivere in maniera tranquilla la loro esperienza all’interno dell’outlet. Bisogna informare meglio e coinvolgere le associazioni dei negozianti e dei residenti nel processo di pianificazione e progettazione delle aree pedonali.
04I grandi centri urbani dovrebbero dare la priorità alla cosiddetta "città 15 minuti"?
Lo slogan “città dei 15 minuti” è molto bello ma c’è il rischio che passi come le mode del momento. Prima di tutto le grandi città italiane ed europee hanno già intrinsecamente una struttura molto vicina al concetto dei 15 minuti: se pensiamo invece alle grandi città degli USA, come ad esempio Los Angeles, il concetto dei 15 minuti è quanto di più lontano ci sia. In Italia esistono porzioni delle grandi città che per un periodo hanno seguito lo sviluppo urbanistico del modello statunitense, creando interi quartieri e aree a bassa densità non serviti da servizi di trasporto pubblico e da servizi locali per gli abitanti. Su queste porzioni di città bisogna intervenire ricucendo il tessuto sociale portando servizi pubblici, attività negozi e offrendo alternative valide all’uso dell’automobile.