

I risultati del report “Ambiente Urbano”, pubblicato ogni anno da Istat, forniscono una panoramica del percorso delle maggiori città italiane verso la sostenibilità. Gli indicatori relativi alla mobilità parlano di alcuni noti trend negativi, quali la difficile ripresa del trasporto pubblico dopo la pandemia, e di altri segnali positivi, come la crescita dei mezzi a basse emissioni e delle piste ciclabili. Tuttavia, leggendo tra le righe del report, si nota un elemento costante presente in tutti gli argomenti di analisi. Dai mezzi su rotaia e su gomma fino alle ciclabili, si traduce nella persistenza di un notevole divario tra il Nord e il Sud del Paese. Come sempre, con DataMobility cerchiamo di andare a fondo alla questione con un’analisi approfondita dei dati messi adisposizione e il supporto visivo fornito dalla rappresentazione grafica dei dati.
Uno sguardo d’insieme: i trend 2015-2020
Il report redatto da Istat1 offre un quadro approfondito di diversi aspetti dell’ambiente urbano al 2020, comparando i dati dei capoluoghi di provincia italiani relativi al quinquennio 2015-2020. I temi studiati variano dalla mobilità al consumo di suolo, fino alla transizione digitale, la gestione dei rifiuti, il consumo di energia e molto altro.
In questo articolo ci si concentra in particolare sul sistema di mobilità, che rappresenta una consistente parte del report e dei dati messi a disposizione2. Su questo tema, l’ultima edizione del report ci mette davanti ad alcune brutte notizie, con cui abbiamo iniziato a familiarizzare già dall’inizio della pandemia, specialmente in relazione al trasporto pubblico. Ma non manca la presenza anche di incoraggianti segnali di miglioramento e avanzamento del nostro Paese verso una mobilità più efficiente e sostenibile.
Alcune brutte notizie
Partiamo dalle brutte notizie. Il settore più in difficoltà rimane il TPL: l’impatto del Covid19 ha portato nel 2020 a un crollo della domanda senza precedenti (-47,9% rispetto al 2019 – Figura 1.1), e al tempo stesso dell’offerta complessiva (-21,7% – Figura 1.2), che in molti casi risulta scarsamente diversificata. In 81 delle città capoluogo (sulle 110 considerate da Istat) l’autobus è l’unica modalità di TPL disponibile (o rappresenta oltre il 99% dell’offerta). Come si nota dai grafici sottostanti, il crollo è avvenuto nel 2020 su un trend che era stagnante da anni sia sul lato della domanda che dell’offerta.
Non si può dire lo stesso invece per il car sharing, che registra invece un calo per la prima volta dalla sua comparsa in Italia nel 2013. La curva del parco veicoli dedicato a questo servizio, in crescita regolare e costante dal 2015, ha conosciuto per la prima volta un cambio di direzione. Il calo è dovuto soprattutto alla riduzione dei veicoli a flusso libero (-15,7%). Nonostante l’aumento del car sharing a postazione fissa, infatti, il parco complessivo dei veicoli in condivisione si riduce del 11,9% (Figura 1.3). Nel 2020 diminuisce per la prima volta anche il numero delle città in cui opera in almeno una delle due modalità di car sharing (da 36 a 34).
… ma anche segnali positivi
Se a livello di domanda e offerta il trasporto pubblico è in difficoltà, si può almeno constatare che il parco veicoli circolante a livello nazionale è in costante rinnovamento e cresce la quota di veicoli a basse emissioni.s Iniziano a farsi sentire gli effetti del Piano Strategico Nazionale della Mobilità Sostenibile, indirizzato al rinnovo del parco mezzi su gomma per i servizi di trasporto pubblico locale e il miglioramento della qualità dell’aria3: al 2020 gli autobus Euro6 salgono al 37,8% del totale, quasi 6 punti percentuali in più rispetto al 2019 (Figura 1.4). Parallelamente, gli autobus a basse emissioni (alimentazioni alternative al gasolio, principalmente a metano o GPL) sono il 30,8% del totale, in aumento di 2,7 punti percentuali rispetto al 2019, e 7,3 rispetto al 2015 (Figura 1.5). Gli autobus elettrici o ibridi sono invece ancora una minoranza (4,6%). Inoltre, nonostante continui a prevalere il trasporto su gomma, il trasporto su ferro guadagna un po’ di terreno, con +8,4% di km di filovie in crescita costante (+29,6% rispetto al 2015 – Figura 1.6) e +3% di km di tranvie (+5,7% rispetto al 2015). In quest’ultimo caso il trend è stato meno regolare: ha subito un crollo nel 2017, per poi tornare a salire con grande spinta negli anni successivi (Figura 1.7).
Uno sguardo territoriale: le differenze Nord-Sud
Come atteso, un’analisi approfondita differenziata per territorio può aiutare ad andare a fondo per scoprire la diversa natura di questi trend da Nord a Sud e ottenere una fotografia più accurata delle forti disuguaglianze territoriali che sono presenti al loro interno.
Se per il Nord il tasso di motorizzazione, già di partenza nettamente più basso rispetto alle altre zone, ha conosciuto un picco nel 2017 per poi stabilizzarsi (o decrescere leggermente), nelle altre zone d’Italia ha continuato a crescere. Nel caso del Mezzogiorno, in particolare, è cresciuto ad un ritmo sostenuto (Figura 1.12).
Per quanto riguarda il TPL, invece, la fotografia della domanda di trasporto pubblico al 2020 mostra inequivocabilmente lo stato di gravità in cui versa il Mezzogiorno. Il numero di passeggeri annui per abitante al Sud è un quinto rispetto a quello del Nord (28,2 contro 140,3, Figura 1.15). Se infatti la media nazionale di domanda è calata del 47,9% dal 2019 al 2020, nelle città del Centro e del Mezzogiorno il calo sale a -53,4%. Dal lato offerta, il Nord mostra un valore di 5.015 posti-km per abitante contro i 1.455 del Sud (Figura 1.16). Ancora una volta il crollo è infatti ancora più accentuato nelle città del centro e del mezzogiorno, dove supera il 25% (comparato con la media nazionale di -21,7%).
Guardando alla diffusione di tram, metropolitane e filovie sul territorio si nota il netto distacco tra il Nord ed il resto dell’Italia. Se nelle città capoluogo del settentrione si registra un totale di 35,7 km ogni 100 kmq, la cifra si abbassa a circa 12 se guardiamo ai capoluoghi di Centro e Mezzogiorno (Figura 1.15). In particolare, stando al report, le reti di TPL più sviluppate in rapporto alla superficie urbanizzata (km per 100kmq) sono quelle tranviarie di Milano (121,8 km per 100kmq) e Torino (64,6 per 100 kmq), le metropolitane di Milano (48,9 km per 100 kmq) e di Brescia (25,6 km per 100 kmq), e le reti filoviarie di La Spezia e Bologna (121,5 e 99,1 km per 100 km2).
Considerazioni
Ancora una volta l’analisi approfondita dei dati, con il supporto delle rappresentazioni grafiche, ha permesso di scavare a fondo e comprendere i dettagli dell’evoluzione (o “involuzione”) dei servizi di mobilità in Italia negli ultimi anni.
Scegliendo di concentrarci sulla disaggregazione del dato tra Nord, Centro e Sud, abbiamo infatti avuto modo di evidenziare le gravi disuguaglianze in termini di infrastrutture e qualità delle opzioni di mobilità, oltre a comprendere in quali settori e zone geografiche risulta più urgente agire per colmarle.
La panoramica degli indicatori dell’ambiente urbano proposta da Istat risulta infatti molto utile come riferimento per la futura valutazione dei programmi di ripresa post crisi (Green Deal europeo e Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR) così come tutte le forme di programmazione e finanziamento di interventi nell’ambito della mobilità, tra cui i PUMS comunali e metropolitani.
Come profondamente sostenuto da GO-Mobility, nel monitoraggio di questi piani risiede la chiave del successo e dell’efficacia degli stessi. Solo attraverso un’analisi e una raccolta regolare e sistematica di dati aggiornati e di qualità è possibile valutare tali piani per poi correggerli, perfezionarli e modellarli su misura per ogni territorio, per poi comunicarli in un’opera di trasparenza e sensibilizzazione.